Il ‘vedere  artistico’  è   un   intravedere   dall’innocenza, che è un “vedere come”, diverso da “vedere cosa” che è lo sguardo ‘meduseo’ della praticità, della cosalità.

Saltando  ad  un  altro  ‘sentiero’  incontriamo,  caro  lettore, un  diverso  dettaglio  ‘innocente’:  dal  ‘vedere  come’  si passa  all’‘essere  come’,  dentro  cui  gli  effetti  di  senso che  ne  derivano  ci  offrono  un  “paese  delle  meraviglie”, dove anche la solitudine non soffre di …solitudine.

Nella  lingua  temporale  del  ‘quando’  ci  si  trova  soli;  nell’immagine  compositiva dell’‘essere soli ’ la solitudine, invece,  si  accompagna  sempre  a  ‘qualcuno’  preso  dal mondo   della   natura   promosso   a   soggetto   proiettivo con    cui    assomigliare,    con    cui    sentirsi insieme    nel configurarsi soggetto di solitudine.

In   questo   percorso   di   appropriazione   augurale   di   ciò che  già  era  dentro  di  sé  ‘in  nuce’,  particolare  rilievo assume la presenza ‘ritrovata’ di Dio, di cui l’io poetante si assume la presenza ‘ritrovata’ di Dio, di cui l’io poetante “amazzone”  (“O  Dio  della  speranza  /  riempi  la  faretra /  sul  mio  dorso  /  di  sapore  di  vita.  /  Oggi,  /  mi  sento amazzone di dio”): non  si  tratta  di  credere  in  Dio,  ma di  promuovere  Dio  a  soggetto  grazie  a  cui  credere  in ciò che la vita ha di più proprio, di più segreto.

Carlo Alberto Augieri

La vita, le opere, il percorso artistico

“Un quadro non è mai pensato e deciso in anticipo, mentre viene composto segue il mutamento del pensiero, e quand’è finito continua a cambiare secondo il sentimento di chi lo guarda. Un quadro vive una propria persona, subisce i mutamenti… e questo è naturale perchè un quadro è l’uomo che lo guarda.”