IL GIOCO DELLA NEGAZIONE
Una presenza, sovente, esiste non solo in quanto è, ma anche nel momento stesso in cui si riesce a determinare la sua assenza, e come vuoto ( mentale o fisico) e come successiva fuga, nel tempo, dell’immagine del reale.
E’ questo, a mio giudizio, il caso delle attuali “ tavole nere” di Marisa Argentiere.
In esse, la realtà esiste proprio nello stesso momento in cui giunge alla sua negazione; infatti l’immagine (vegetale quasi sempre e tal’altra urbana) tangibile nella sua essenza iniziale, subisce, progressivamente, una sorta di accelerazione spazio – temporale che la porta fuori dalla dimensione del quadro.
Si assiste ad una sorta di pittura stroboscopica di leggibilità lineare in gran parte delle opere, anche se in altre (poche) si possono notare alcune compiacenze di ordine descrittivo e figurale, non certo in linea con il discorso di fondo che si vuol perseguire.
Questo, come dato il fatto, riscontrabile da una lettura analitica e quasi cibernetica dell’opera ; infatti lo squilibrio emotivo e filologico, risulta evidente proprio nel momento in cui l’immagine (per un attimo) diviene percepibile in tutta la sua presenza o assenza (centro ottico positivo e negativo).
Ma ciò accade solo, in alcuni casi.
Il citato concetto di negazione, invece, risulta particolarmente visivo, allorché la superficie nera (nero, come rifiuto del colore ed assenza del presente nella realtà del buio) inizia a pulsare per una serie di successive impronte, a cui pare sia stata impressa una sorta di accelerazione geometricamente progressiva.
E, non a caso, parlavo di stroboscopìa.
Quindi, realtà immediata e reale come non mai, ma volutamente astratta nella sua essenza di entità fisica e di discorso pittorico.
Il gioco della negazione, a tal punto è in pieno svolgimento.
TOTI CARPENTIERI
” Ed il dolore
come lava incandescente,
ha pietrificato
il cuore.
Ed oggi
non sento piu’ i battiti. “
da “Il buio dentro” di Marisa Argentiere