LE PSICO-PITTURE

Una realtà immediata e reale come non mai, ma volutamente astratta nella sua essenza di entità fisica e di discorso pittorico” per dirla come Toti Carpentieri nelle sue brevi note di presentazione alla mostra introduttiva del “Gioco della presenza assenza“. In questo periodo, la Argentiere, si tira fuori dalla sua proposta immaginifica a sfondo psichico ed inizia un esame della realtà che la circonda (di natura vegetale urbana bio-fisica) inquadrandone le fattezze per come percepite con l’intento di invadere gli spazi temporali proposti dai singoli soggetti osservati, e dare agli stessi significato che, superano la dimensione sensitiva percepita immediatamente, con varie ripartizioni soggettive che, partendo dall’equazione nero, e quindi non visibile, trascende in immagini che, attraverso la ossessiva ripetitività, sembrano creare nuovi spazi psico temporali entro i quali rivivere.

In questa sede, pertanto “Il gioco della negazione è in pieno svolgimento“(Toti Carpentieri).

Dietro una apparente casualità del gesto vi è una sfrenata voglia di dire e di fare che non ha ancora trovato le giuste note.

Si rileva una laboriosa ricerca del mezzo espressivo che maggiormente rilevi la voglia di leggere il mondo per come esso è e, forse, per come l’artista vorrebbe che fosse. Tale confusione coloristica, comunque, si evolve attraverso interventi, poi vedremo come, che possano forse incidere sugli orientamenti della società (etici, solidali, partecipativi) in ragione di una prospettiva socio culturale che si vuole modificare. Ed è così che, dopo una esplosione indifferenziata di idee, rappresentate coloristicamente come psico pitture, inizia la lettura in negativo del reale, fiori, piante, case, nelle quali propone una definitiva esplosione per come sono ed appaiono, in attesa di una nuova imminente proposta.

“Esplosione di oggetti cromatici. fissità di figure zoomorfe. vibratili èlitre che
hanno abbandonato il corpo per vivere da sole, forse di nulla, nello spazio
neutro dell’indifferenza alla realtà circostante: c’è
un’allucinazione di fondo
in questa pittura dagli inquietanti significati, disponibile a tutte le conseguenze della fantasia, e pur tanto serena, a volte, quando
il colore si distende e le
forme riposano placate dopo l’orgasmo delle sensazioni cromatiche.
Sarebbe vano voler forzare i significati di questa
pittura rinvenendole antefatti di carattere culturale.
gli agganci. che pur sono
inevitabili, con una traditone pittorica delle più recenti e delle più confermate. Al centro di tutto la
coscienza tormentata della
pittrice la quale attraverso
queste espressioni d’inconsueta emotività realizza, sul piano di una programmaticità tecnica ma soprattutto coscienziale. una sorta di autoanalisi. Riflettersi in tutto ciò che questa
pittura propone, nel ghirigoro cromatico portato a
conseguenze estreme di allucinazione, in un fenomenico incalzante per l’esasperato soggettivismo delle figurazioni, è come riproporsi con tutte le implicarne psicologiche sedimentate durante gli anni,
sulla scorta degli eventi,
dai più perentori ai più
banali, in maniera da consentire di sé. della propria
struttura interiore, la più
segreta ed indifesa, una
lettura che aderisca quanto più possibile alla realtà.
C’è un che di arcano in
questa offerta fatta con la
complicità, se vogliamo, di
colori tanto casti nella loro vivacità surreale, di forme che sfuggono — pur consentendo — a qualsiasi tentativo interpretativo
che non rifletta la misura umana che è peculiare
di chi le ha realizzate.
Come un dono, allora, misteriosamente suggestivo,
che porta chi ne fruisce in
un limbo dove tormento e
serenità coesistono, prismatiche soluzioni di interrogativi senza fine.”
Enzo Panareo